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Cenni storici

Tratti dalla Relazione “Una Valle, Un Comune – Un’Unica Comunità” di Paolo Lazzarin

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L'unione

Domenica 17 Gennaio 2016, nel Referendum consultivo sull’unione dei municipi di Forno di Zoldo e Zoldo Alto nel nuovo Comune di Val di Zoldo, i "sì" hanno superando il 90% dei consensi.
La suddivisione amministrativa di Zoldo risale alla dominazione napoleonica di inizio Ottocento. Napoleone entrò a Belluno nel 1804 e con il riordinamento del territorio (1806) suddivise il Bellunese (Dipartimento della Piave) nei distretti di Belluno, Feltre e Cadore e sostituì i Comuni alle Regole, istituite dai Longobardi con l’editto di Rotari nel 643. Il 6 maggio 1807 Zoldo fu diviso nei Comuni di Forno di Zoldo (basso e medio bacino del Maè da Mezzocanale a Dont e valli della Cervegana e destra Rutorto) e di San Tiziano di Gòima con sede a Fusine (alto corso del Maè e valle di Gòima), assegnati al cantone di Longarone. Il 16 marzo 1890 il Comune di San Tiziano di Gòima assunse poi la denominazione di Zoldo Alto.

Prima del 1807 la valle del Maè costituiva quindi un unicum amministrativo e tale rimase per quasi sei secoli, se si considera come atto di nascita della Comunità zoldana il suo diritto alla rappresentanza nel Consiglio dei Nobili di Belluno, ottenuto il 22 agosto 1224. Ma l’unitarietà del territorio è attestata anche nei secoli precedenti. Gli antichi romani (I-II secolo d. C.), sulle pendici del monte Civetta, incisero nella roccia scritte confinarie: FIN BEL IUL (Fines Belunatorum Iuliensium), una in versante zoldano e due in quello agordino. Con questi segni di confine intendevano frenare l’espansione di Julium Carnicum, che dalla Carnia attraverso il Passo della Mauria si era spinto fino alla Staulanza e al Fertazza, e assegnarono i pascoli e i boschi di Zoldo a Belunum. È presumibile che gli stessi confini fossero stati poi mantenuti con le popolazioni che intorno al V-VI secolo fuggirono dagli Unni che stavano invadendo il Cadore (a monte di Zoppè si ricordano un cimitero e la strada dei pagani).

Fin dal suo più lontano passato era costituita da 10 Regole (Regola Grande di Fornesiche, Regola di Forno, di Campo, di Astragal, di Dont, di Goima, Regola Grande di Coi, Regola di Fusine, di maroso, di Pecol) I primi documenti in cui vengono citate sono del 1371 e 1383 (“omnium hominum Regulle de Donto” e “omnium hominum et personarum de Gojma”), ma esse erano sorte alla fine dell’VIII secolo, quando Zoldo fu assegnato da Carlo Magno ai vescovi di Belluno. La conferma di unitarietà si ha fin dalle più antiche citazioni scritte. La prima è in un documento del 1031, con il quale l’imperatore Corrado II il Salico confermava al vescovo di Belluno i suoi possedimenti, tra cui Çaudes. Un secolo dopo (1161) un altro documento attesta che Federico Barbarossa restituiva al vescovo di Belluno i possedimenti che gli aveva tolto solo un anno prima, tra i quali è citato Zaudo. Ancora più precisa è una bolla papale del 18 ottobre 1185, che definisce i possedimenti vescovili del territorio bellunese. In essa papa Lucio III conferma al vescovo Gerardo de Taccoli, insieme ad altri feudi, la “Plebem Sanctii Floriani de Zaoldo cum capellis suis, et comitatum ipsius cum jurisdictione et districto in pertinentiis ipsius Zaoldi”. È una breve citazione, ma consente di trarne un grande numero di informazioni storiche: l’esistenza in Zoldo di una pieve, dedicata a San Floriano (un santo nordico, invocato contro gli incendi e le alluvioni), l’esistenza di più “cappelle” distribuite sul territorio (probabilmente quella di San Nicolò a Fusine e di San Tiziano a Gòima), l’unitarietà del territorio assegnato e l’esistenza di una comunità sulla quale il vescovo poteva esercitare potere giurisdizionale. Quest’ultima precisazione si era resa necessaria in quanto nel 1184-1197 le comunità di Zoldo e Agordo (evidentemente in quel tempo potenti) si erano ribellate a Belluno, rifiutandosi di pagare le esose imposte (sulle miniere e sulle attività metallurgiche già fiorenti) ed erano state di conseguenza scomunicate e interdette dal vescovo. La controversia fu risolta solo nel 1224 da Gabriele da Camino, che ottenne la riduzione delle imposte e l’elezione di due incaricati di Agordo e Zoldo nel Consiglio dei Nobili della città.

Storia di Zoldo

Da qui possiamo far iniziare la Storia di Zoldo, feudo già ben consolidato, distribuito in villaggi che ancor oggi portano lo stesso nome. Anche il monumento più significativo della valle, la Pieve di San Floriano, costruita nella forma attuale nel XV secolo sotto la Serenissima, racconta la storia di una sola comunità. Sicuramente una chiesa parrocchiale più antica (citata nella bolla papale del 1185) già sorgeva nel medesimo sito, al centro delle vile di Zoldo Basso. E si deve ritenere che fosse l’unica, dato che le parrocchiali attuali si sono distaccate dalla chiesa madre molti secoli dopo (San Nicolò nel 1615, San Tiziano nel 1726). La presenza di una sola Pieve condizionava la vita sociale della popolazione, che in chiesa si incontrava in occasione delle funzioni, e anche il culto dei morti, che venivano tutti sepolti nel sagrato di San Floriano, con non poche difficoltà per gli abitanti di San Nicolò e San Tiziano (si dice addirittura che le salme in inverno venissero conservate sotto la neve fino alla primavera).

Nei secoli successivi in tutta la valle si svilupparono attività minerarie e soprattutto metallurgiche, che attirarono l’attenzione dei potenti. Per avere un’idea della loro importanza basti citare il Libro dei Feudi del Vescovato di Belluno del 1365, che documenta l’esistenza di sei forni fusori: de For, de Maresono, de Peculo, de sancto Nicolao de Zaudo, de Donto, de sancta Maria. Il feudo di Zoldo passò così di mano in mano. Prima (1249) i vescovi dovettero cederlo al condottiero Ezzelino III da Romano, nel 1347 il re Carlo IV assegnò a Jacopo degli Avoscano, potente famiglia agordina il “Capitaneatum plebium Augurdi et Zaudi”, e così via fino alla acquisizione di Belluno da parte della Repubblica di Venezia (1404), che ne mantenne il dominio fino all’arrivo di Napoleone. Dopo di lui arrivarono gli Austriaci e quindi ci fu l’annessione al Regno Lombardo Veneto prima e infine al Regno d’Italia.

Ultima modifica: venerdì, 26 maggio 2023

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